I Malatesta di Pesaro
I Malatesta compaiono a Pesaro dopo il 1265 con Gianciotto che assume il titolo di podestà nel 1285 fino alla morte nel 1304, e lo saranno fino al 1445. Malatesta Antico (1299-1364), detto anche Guastafamiglia poiché parte dalla sua discendenza la separazione dei rami romagnoli e pesaresi della casata, è figlio di Pandolfo I e nipote del Centenario, nonché fratello di Galeotto il Grande. I suoi due figli sono Pandolfo II, a cui toccano Pesaro, Gradara, Fano e Fossombrone e Malatesta detto Ungaro poiché viene creato cavaliere dal re d’Ungheria, che eredita Montefiore Conca e la signoria di Rimini che governa insieme allo zio, il vecchio patriarca Galeotto. Un’assegnazione in linea con la tradizione dei Malatesta, di cui solo il capo della consorteria agisce in nome proprio davanti al sovrano: infatti il 15 febbraio del 1363 è Malatesta Guastafamiglia che giura, ad Avignone, davanti a Urbano V, a nome proprio e per conto del fratello Galeotto e dei due figli Pandolfo e Malatesta.
Ma è ad opera di Pandolfo II (1325-1373) che la signoria di Pesaro assume una sua particolare fisionomia, distinta da quella dei Malatesta della Romagna, che, tuttavia, non si palesa subito, dato l’accordo tra i cugini, ma con i figli di questi. Pandolfo II conduce una vita avventurosa e si pone al servizio delle grandi potenze (come capitano di Firenze e di Milano e Gonfaloniere della Santa Sede). Viaggia molto e fa passare in secondo piano la cura del suo piccolo stato; alla sua vocazione di soldato accoppia infatti la passione per le lettere e per la poesia. Sarà ricordato come amico del Petrarca, che incontra diverse volte (il poeta ha circa 20 anni in più del signore pesarese), diventando suo entusiasta ammiratore. Muore ancora giovane, nel 1373, e lascia un solo figlio, Malatesta, di tre anni, che assume la signoria di Pesaro nel 1385, dopo la morte dello zio Galeotto il Grande che governa per suo conto.
Malatesta, detto “dei sonetti” (1370-1429) assume le redini dello stato per la sua vocazione poetica, insieme alla moglie Elisabetta Varano di Camerino, si circonda di una corte in cui il mecenatismo favorisce una durevole fioritura artistica e letteraria. Fornito di vivido ingegno e vasta cultura si occupa anche di questioni scientifiche. Al servizio del papa Urbano VI contro l’antipapa Clemente VII, lo stesso pontefice gli conferisce il titolo di senatore di Roma nel 1387.
Papa Gregorio XII, con cui si è schierato nello scisma tra Roma e Avignone, gli conferma la concessione del vicariato apostolico, riaffermando anche, in tal modo, la distinzione dello stato malatestiano di Pesaro da quello dei consorti di Rimini. Ma le terre malatestiane sono minacciate dai Visconti che con Filippo Maria hanno ricostruito la loro fortuna; Malatesta e i figli si affrettano a offrire al duca la loro collaborazione. Carlo, giovane figlio di Malatesta dei sonetti, diventa dunque comandante supremo dell’esercito ducale, ma la grave sconfitta di Maclodio prostra il giovane Malatesta e la sua casata che per mantenere i propri domini e far fronte ai debiti sono costretti a firmare con il duca di Milano un patto d’amicizia. Malatesta dei sonetti, che nel periodo di maggior fulgore ha potuto portare le sue bandiere vittoriose fino a Jesi, Osimo, Todi e Narni, muore a Gradara nel dicembre del 1429, a pochi giorni di distanza dal cugino Carlo che governa Rimini.
La morte di Malatesta dei sonetti porta a capo della famiglia il figlio Carlo (1390-1438), lo sconfitto di Maclodio, insieme ai due fratelli Galeazzo e Pandolfo. Nel frattempo la signoria di Pesaro si è arricchita di Fossombrone e Senigallia e, valendosi della mancanza di discendenti diretti dello zio Carlo, i tre figli di Malatesta cercano di succedergli nel governo di Rimini e delle terre malatestiane della Romagna. Ma la sortita, appoggiata da alcuni cadetti della casa dei Malatesta di Romagna, fallisce e, anzi, i tre cugini riminesi destinati a ereditare i domini di Carlo (Roberto il Beato, Sigismondo e Malatesta Novello) hanno la soddisfazione di vedere volgere contro i parenti pesaresi quelle armi papali che essi stessi hanno sollecitato per accaparrarsi Rimini. Un dissidio che, tuttavia, determina la separazione di fatto dei due rami del potere malatestiano e accelera, in parte, la fine stessa della signoria.
Cacciati dai soldati pontifici, infatti, ai Malatesta di Pesaro non rimane che chiedere aiuto ai confinanti duchi di Urbino con il risultato che le terre marchigiane finiscono per gravitare nell’orbita dei tradizionali nemici dei Malatesta, i Montefeltro. Morti Carlo e Pandolfo, con il potere in mano al fratello Galeazzo detto l’inetto (1385-1461), la progressiva decadenza dello Stato di Pesaro, la cui sicurezza dipende ormai dal presidio armato di Federico da Montefeltro, accende ogni giorno di più le brame dell’impaziente Sigismondo, signore di Rimini, che non ma mai deposto la speranza di restaurare l’unità dei possessi Malatestiani minacciando il parente pesarese. Ma l’abile strategia di Federico fa sì che il dominio vada, per matrimonio, agli Sforza e che le terre malatestiane marchigiane vengano separate definitivamente da quelle romagnole.
Ma è ad opera di Pandolfo II (1325-1373) che la signoria di Pesaro assume una sua particolare fisionomia, distinta da quella dei Malatesta della Romagna, che, tuttavia, non si palesa subito, dato l’accordo tra i cugini, ma con i figli di questi. Pandolfo II conduce una vita avventurosa e si pone al servizio delle grandi potenze (come capitano di Firenze e di Milano e Gonfaloniere della Santa Sede). Viaggia molto e fa passare in secondo piano la cura del suo piccolo stato; alla sua vocazione di soldato accoppia infatti la passione per le lettere e per la poesia. Sarà ricordato come amico del Petrarca, che incontra diverse volte (il poeta ha circa 20 anni in più del signore pesarese), diventando suo entusiasta ammiratore. Muore ancora giovane, nel 1373, e lascia un solo figlio, Malatesta, di tre anni, che assume la signoria di Pesaro nel 1385, dopo la morte dello zio Galeotto il Grande che governa per suo conto.
Malatesta, detto “dei sonetti” (1370-1429) assume le redini dello stato per la sua vocazione poetica, insieme alla moglie Elisabetta Varano di Camerino, si circonda di una corte in cui il mecenatismo favorisce una durevole fioritura artistica e letteraria. Fornito di vivido ingegno e vasta cultura si occupa anche di questioni scientifiche. Al servizio del papa Urbano VI contro l’antipapa Clemente VII, lo stesso pontefice gli conferisce il titolo di senatore di Roma nel 1387.
Papa Gregorio XII, con cui si è schierato nello scisma tra Roma e Avignone, gli conferma la concessione del vicariato apostolico, riaffermando anche, in tal modo, la distinzione dello stato malatestiano di Pesaro da quello dei consorti di Rimini. Ma le terre malatestiane sono minacciate dai Visconti che con Filippo Maria hanno ricostruito la loro fortuna; Malatesta e i figli si affrettano a offrire al duca la loro collaborazione. Carlo, giovane figlio di Malatesta dei sonetti, diventa dunque comandante supremo dell’esercito ducale, ma la grave sconfitta di Maclodio prostra il giovane Malatesta e la sua casata che per mantenere i propri domini e far fronte ai debiti sono costretti a firmare con il duca di Milano un patto d’amicizia. Malatesta dei sonetti, che nel periodo di maggior fulgore ha potuto portare le sue bandiere vittoriose fino a Jesi, Osimo, Todi e Narni, muore a Gradara nel dicembre del 1429, a pochi giorni di distanza dal cugino Carlo che governa Rimini.
La morte di Malatesta dei sonetti porta a capo della famiglia il figlio Carlo (1390-1438), lo sconfitto di Maclodio, insieme ai due fratelli Galeazzo e Pandolfo. Nel frattempo la signoria di Pesaro si è arricchita di Fossombrone e Senigallia e, valendosi della mancanza di discendenti diretti dello zio Carlo, i tre figli di Malatesta cercano di succedergli nel governo di Rimini e delle terre malatestiane della Romagna. Ma la sortita, appoggiata da alcuni cadetti della casa dei Malatesta di Romagna, fallisce e, anzi, i tre cugini riminesi destinati a ereditare i domini di Carlo (Roberto il Beato, Sigismondo e Malatesta Novello) hanno la soddisfazione di vedere volgere contro i parenti pesaresi quelle armi papali che essi stessi hanno sollecitato per accaparrarsi Rimini. Un dissidio che, tuttavia, determina la separazione di fatto dei due rami del potere malatestiano e accelera, in parte, la fine stessa della signoria.
Cacciati dai soldati pontifici, infatti, ai Malatesta di Pesaro non rimane che chiedere aiuto ai confinanti duchi di Urbino con il risultato che le terre marchigiane finiscono per gravitare nell’orbita dei tradizionali nemici dei Malatesta, i Montefeltro. Morti Carlo e Pandolfo, con il potere in mano al fratello Galeazzo detto l’inetto (1385-1461), la progressiva decadenza dello Stato di Pesaro, la cui sicurezza dipende ormai dal presidio armato di Federico da Montefeltro, accende ogni giorno di più le brame dell’impaziente Sigismondo, signore di Rimini, che non ma mai deposto la speranza di restaurare l’unità dei possessi Malatestiani minacciando il parente pesarese. Ma l’abile strategia di Federico fa sì che il dominio vada, per matrimonio, agli Sforza e che le terre malatestiane marchigiane vengano separate definitivamente da quelle romagnole.